Storia di chi fugge e di chi resta Elena Ferrante

“Lila parla e parla a voce bassa. […] Io mi sento come il cavaliere di un romanzo antico, che chiuso nella sua armatura splendente, dopo aver compiuto mille prodigiose imprese in giro per il mondo, si imbatte in un mandriano cencioso, denutrito, che senza mai muoversi dal pascolo piega e governa a mani nude orribili bestie con un coraggio portentoso.”

“Diventare. Era un verbo che mi aveva sempre ossessionata, ma me ne accorsi solo per la prima volta in quella circostanza. Io volevo diventare, anche se non avevo mai saputo cosa. Ed ero diventata, questo era certo, ma senza un oggetto, senza una vera passione, senza un’ambizione determinata. Ero voluta diventare qualcosa – ecco il punto – solo perché temevo che Lila diventasse chissà chi e io restassi indietro. Il mio diventare era diventare dentro la sua scia. Dovevo ricominciare a diventare, ma per me, da adulta, fuori di lei.”

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Crepuscolo Kent Haruf

L’ho concluso solo ieri, ma lo so per certo: questa è una storia che resta.
È una storia che resta per come svela nell’avvicendarsi degli agenti atmosferici il senso delle stagioni e la profondità dello scorrere del tempo.
È una storia che resta perché l’intreccio e i personaggi – molti già presenti in Benedizione e in Canto della pianura – sono raccontati con umanità rarissima.
È una storia che resta perché parlando di solitudine, di separazione, di perdita e di violenza domestica ci racconta, al contempo, di generosità, di attenzione al prossimo, dell’amore nella semplicità dei gesti, del significato autentico dei piccoli riti della quotidianità, dell’importanza di una parola detta al momento giusto.

Ed è una storia che resta perché nel modo più semplice e più pacato possibile Kent Haruf ti sbatte di fronte la meraviglia e la disperazione della vita come nessun altro sa fare.

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Una questione privata Beppe Fenoglio

Il dubbio di un amore non corrisposto e il bisogno disperato di una verità conduce Milton, il giovane protagonista di questo libro, a una ricerca tutta personale che si incastra tra le manovre e le azioni della sua vita di partigiano: è così che una questione privata, una cosa di nessuna rilevanza rispetto alla situazione sconvolgente che le fa da contesto, acquista un’importanza vitale – ed è impossibile, allora, non riflettere sul rapporto tra individuale e collettivo, come è impossibile non apprezzare la struttura geniale del romanzo, in cui ricerca produce altra ricerca e altra ricerca ancora, sullo sfondo di un’ambientazione – quella delle Langhe – che sembra parlare, con la nebbia e il fango come grandi protagonisti, grazie anche al linguaggio puntuale, perfetto, in grado di colpire nel profondo.

[Ho parlato di Una questione privata anche su YouTube, ai minuti 01:04-08:56 di questo video: youtube.com/watch?v=EHq1oEYBUEg&t=5s]

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Picnic a Hanging Rock Joan Lindsay

Il mistery di Joan Lindsay, che ruota attorno alla scomparsa di tre studentesse e di un’insegnante di un prestigioso collegio vittoriano sul gruppo roccioso Hanging Rock (Australia) nel 1900, mi ha lasciato perplessa quanto sorpresa: mentre la trama non è riuscita a coinvolgermi sul serio (mi è sembrata perdere un po’ il focus dopo la metà, dilungandosi sulle vicende dei personaggi secondari che hanno, alla fin fine, poco a che fare con l’accaduto), ho trovato piuttosto intrigante la compresenza di idilliaco e perturbante in molti elementi (naturali e non) e soprattutto ho apprezzato lo stile, che con continue punte di humor smorza il carattere sinistro, inquietante e mistico della vicenda, creando effetti di contrasto molto originali.

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Festa mobile Ernest Hemingway

La Parigi di Hemingway è intima, avvolgente e intensa come queste pagine sono vivide, nostalgiche, autentiche, fluttuanti. Festa mobile è un libro pieno di vita e di malinconia insieme. Tracimante di amore per l’arte, per la scrittura, per un luogo che è un pezzo di giovinezza. Tracimante di voglia di vivere, e di amare, e di scrivere. È un’auto-incursione intima, dolce, in qualche modo sconvolgente. Un documento imperfetto ma ineguagliabile di un pezzo di vita. Un tributo puro e autentico all’importanza della memoria, che all’ultima pagina mi ha travolto in tutta la sua portata, e mi ha commossa nel profondo.

[Di Festa mobile ho parlato qui]

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L'Arminuta Donatella Di Pietrantonio

Ambientato nell’Abruzzo degli anni Settanta, L’Arminuta è una storia che parla di adattamento, di solitudine, di rapporto(i) madre-figlia e di appartenenza.

Ho apprezzato molto il modo in cui la sensibilità di Donatella Di Pietrantonio emerge anche attraverso uno stile asciutto, a tratti aspro; in merito alla trama, invece, è il legame che si crea tra la protagonista e la sorella minore Adriana – quest’ultimo il personaggio meglio scritto, il più vivido, il più in grado di fare breccia – l’aspetto che mi ha coinvolto maggiormente.

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La ragazza della palude Delia Owens

Un romanzo di formazione – ma anche, in misura minore, un giallo – ambientato nel secondo Novecento nelle paludi costiere della Carolina del Nord, dove la giovanissima Kya, abbandonata dai suoi cari, diventa protagonista di una storia che parla di solitudine, di sopravvivenza e del concetto di famiglia.

Rispetto alla trama e alla caratterizzazione dei personaggi è un libro non privo di difetti – in certi momenti ho pensato che Owens non avesse chiari i suoi stessi intenti – ma le descrizioni della palude, della relativa vegetazione e della vita animale al suo interno, come anche quelle del mare e della fauna marina, sono magnifiche, vivide, piene di colore e di atmosfera, e ho trovato magnifico, soprattutto, il modo in cui l’autrice tratta il rapporto di comunione tra la protagonista e la natura.

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