Mandorla amara di Maria Rita Sanna

Una foto del romanzo "Mandorla amara" di Maria Rita Sanna.
Mandorla amara di Maria Rita Sanna.

Sono sufficienti poche pagine per capire perché Mandorla amara di Maria Rita Sanna, edito Edizioni Convalle, si sia aggiudicato il marchio Microeditoria di Qualità.
Nel suo romanzo d’esordio, infatti, l’autrice di Quartu Sant’Elena tratteggia due figure femminili e con esse due storie e due vite diverse che intreccia con grande abilità.

La pregevole caratterizzazione dei personaggi, unita al racconto in prima persona, ci fa incontrare subito l’animo delicato ma forte di Lucia e quello burbero e tenero di Marisa, permettendoci di immedesimarci in breve tempo in una delle due (o, perché no, in entrambe); a questo, d’altronde, si affianca l’ottima scelta dell’autrice di introdurci ai loro conflitti interiori a velocità diverse: cogliamo dalle prime pagine la dolorosa situazione che Lucia sta vivendo, ma ci occorre leggere di più per capire fino in fondo Marisa e le sue sofferenze, anche se ci affezioniamo da subito a questo personaggio così scorbutico e così buono. 
La storia personale e interiore delle due donne procede in parallelo alla storia della loro amicizia: dall’approccio di cauta curiosità a quel reciproco interesse inesplicabile – frutto di un sesto senso che le attrae una verso l’altra – fino all’apertura a conversazioni, spesso brevi e pregnanti, e a confidenze che vengono fuori spontanee; si sviluppa così un rapporto di comprensione e solidarietà che sarà una vera e propria molla, perché spingerà le due ad affrontare sé stesse e il proprio conflitto interiore.
La città di Cagliari, teatro della storia, è dipinta in queste pagine con pennellate brevi ma accurate; spesso è descritta nei suoi spazi ampi, sa di azzurro e di giallo e sembra comunicare la positività e la libertà che le due protagoniste vanno cercando. Il bello, poi, è che in Mandorla amara il lettore davvero li vive, i luoghi rappresentati, e non solo quando si tratta del lungomare o dei noti portici, ma anche quando abbiamo davanti una semplice panetteria.

Per questo e per tanto altro è fluida e sapiente, la scrittura di Maria Rita Sanna, che già nel suo primo romanzo mostra di conoscere e di saper gestire alcuni imprescindibili punti fermi della buona narrativa: mi riferisco, ad esempio, ai due conflitti interiori corrispondenti alle due co-protagoniste, come anche alla funzione precisa attribuita a ogni personaggio e a ogni elemento presente nella storia, il che fa sì che alla fine ogni cosa torni al suo posto, lasciando al lettore un senso di soddisfazione.

Ma, soprattutto, non può mancare in questa recensione uno degli aspetti più interessanti del lavoro (e uno di quelli che personalmente ho apprezzato di più), vale a dire le magnifiche similitudini che coinvolgono elementi o fenomeni naturali, come quando Lucia paragona sé stessa a un albero potato, con un unico tronco spoglio di fronde e sterile, o come quando la stessa Lucia, per continuare con l’immagine in questione, sente crescere il germoglio nell’unico tronco spoglio, il fiore del mandorlo che sopravviveva alla tempesta invernale.
Concludo a questo punto con la splendida metafora della mandorla, da cui anche il titolo dell’opera, e a proposito della quale mi piace citare queste righe:
Vedi, Lucia, la mandorla diversa, amara, è necessaria per farci apprezzare meglio la dolcezza di quelle buone; il gusto dell’amaretto è particolare e la sua crosticina croccante, che racchiude la pasta morbida, ci ricorda la vita con le sue difficoltà che nascondono le gioie. Il fiore stesso di questo frutto nasce e sboccia durante l’inverno; nonostante il freddo, lui si mostra in tutto il suo splendore.”

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