L’alveo scavato davanti a te, mia acqua cheta,
è arcano canto impetuoso, turbinoso brontolio di misteri.
Laboriose le correnti ne percorri, e tortuosi snodi e
guadi e piene assecondi nel tuo mite adattarti
a sterpaglie e massi, pietruzze e arbusti:
le prime ti coprono, gli altri ti chiudono la via;
queste ti costringono a curvare, quelli ti nascondono alla vista.
E tu scorri ingenua, ora lenta ora lesta,
là dov’è ripido, qui dov’è pianura; e tu scorri ignara.
Ma adesso voltati, guarda! C’è per te una fessura. È un incavo
del terreno, quasi intima, minuscola incrinatura, breccia
misteriosa di una possibilità. E tu credici! Forza, credici,
svolta adesso in questo passaggio. Puoi farcela!
Trasforma lo spiraglio in un varco.
All’inizio è un filino sottile, nient’altro che un rivoletto,
quel timido guizzo d’acqua che osa
svincolarsi dall’alveo:
un sussulto di volontà, un riverbero tremolante d’audacia,
e si fa strada nel terreno una sparuta ragnatela di speranza.
Ma l’acqua confida, l’acqua rinforza, la terra s’impregna,
e un umido mugugnare presto muta
il tuo sentiero: ora è canto scrosciante,
è rombo rovente, è boato fumante di cascata.
E oggi, oggi spezzi le sterpaglie, sommergi le pietruzze,
scandisci la terra, scalfisci la pietra, scavi la roccia,
consapevole carpisci il gioco delle occasioni,
costruisci e conduci il tuo percorso: tutta l’acqua ti segue.
Siamo uomini. Abbattiamo gli argini del nostro destino,
diventiamo eco azzurro travolgente, indomabile libertà.
Menzione d’Onore al Premio Letterario Internazionale
“Trofeo Penna d’Autore” (Torino 2019, XXIII edizione)
© Tutti i diritti riservati