Immergersi tra le pagine di Paola Maria Liotta significa riscoprire una purezza che solo una storia fatta di animali e di natura incontaminata può dare.
Nell’antico regno di Thulas, tra fronde e acque, rocce e cascate, mangrovie e ninfee, entriamo a far parte di una simpatica famigliola di macachi in libertà, una specie tra le più vivaci che popolano questi luoghi. Nonna Hera, mamma Emma e le sue figlie – tra le quali la neonata Elsa, protagonista assoluta della storia – sono una combinazione di forza, orgoglio e senso pratico, e portano con sé bontà e tenerezza. Ce ne rendiamo conto fin dai primi capitoli, nei quali, con una formula dolce e potente, le scene di maternità che coinvolgono Emma ed Elsa sembrano completare la descrizione del territorio, quelle immagini limpide del Grande Fiume e della foresta tracciate con sapienza e cura.
Attraverso lo sguardo ingenuo e intelligente della piccola Elsa, piena di curiosità e di voglia di vivere, la Liotta ci conduce nella trama come dentro a una foresta, e intricandoci e districandoci con il suo stile sempre chiaro, equilibrato e preciso, ci fa scoprire che quello della macachina è un mondo in pericolo, e che purtroppo il rapporto di simbiosi tra queste specie e il loro ambiente naturale, di cui partecipano anche le popolazioni locali che con gli animali dividono i frutti della terra, è sul filo del rasoio.
Attraverso marce ed esplorazioni, infatti, i nostri macachi scoprono che luoghi rigogliosi di acque e di fronde hanno lasciato il posto a una natura desolata, e sempre più spesso si trovano a fare i conti con gli incendi, l’odore della combustione, la caligine, il fumo, il grigiore, l’aria irrespirabile.
Ed è qui che noi lettori capiamo quali sono i problemi, purtroppo comunissimi, che stanno affrontando questi territori: il taglio indiscriminato delle foreste, con tutti i pericoli annessi, e il traffico illecito di cuccioli di specie protette. Tutto questo all’inizio non è chiaro ai nostri macachi, che di fronte al triste spettacolo del torrente inaridito, degli incendi periodici e degli esodi sempre più frequenti di animali si trovano inquieti e privi di risposte. A prendere in mano la situazione sono i più giovani, guidati proprio da Elsa, che per prima decide di abbandonare le cacce agli smeraldi e tutti gli altri giochi di fronte a quello che percepisce come il vero mistero su cui darsi da fare.
Ma tutti gli abitanti di Thulas fanno squadra per abbattere le minacce che mettono a rischio il loro territorio, e il romanzo si popola così di tanti animali, tutti con un’identità ben definita: l’ibis Arabella, il lombrico Pahem, il gamberetto Alpheus, la farfalla Eulalia, la tigre Kaya. E poi pesci, rinoceronti, elefanti. E non ci stupiamo di sapere che tra queste specie vige un’amicizia pura e disinteressata, fondata sulla solidarietà.
Anche alcuni umani sono così. È il caso del pescatore Bagus, che offre aiuto ai nostri protagonisti, o di Isabel e Mino, impegnati a diffondere, con parole e immagini, l’importanza della difesa dell’ambiente. Sono quegli umani, insomma, che rendono il bene la loro missione, perché hanno fatto tesoro di un insegnamento essenziale.
È quell’insegnamento che ascoltiamo soprattutto da nonna Hera, più volte e in modi diversi – fuggire chiunque offenda la nostra Madre Terra; non infrangere le leggi del cosmo; essere in sintonia con la Grande Madre Natura, assecondarne il ritmo, il respiro: e questa non è solo la legge di quei luoghi, ma anche un principio al quale occorre adeguarsi se ci si vuole sentire in pace con sé stessi e con gli altri.
È uno degli insegnamenti più importanti che la Liotta ci chiede di ricordare, mettendolo con semplicità nella bocca di giovani macachi che parlano per tutte le specie di piante e animali che popolano la nostra Terra e che ne costituiscono la più grande ricchezza. La nostra ricchezza. Non dimentichiamolo mai.
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