Ambientato tra la riviera ligure e Milano, questo romanzo intreccia le storie di quattro personaggi, tre femminili e uno maschile, che si muovono in modo diverso attorno al mondo dell’editoria.
Ci sono tutti gli immancabili elementi della scrittura di Convalle – il mistero sul passato e la necessità di affrontarlo, il potere dei rapporti umani, vicende dagli sviluppi enigmatici, vite che si incrociano in modi impensati, il ruolo del destino – e c’è, soprattutto, una riflessione schietta sui problemi dell’editoria contemporanea e sul conflitto tra ideale e compromesso.
Uno, nessuno e centomila
“Ma tutto ciò che di noi si può immaginare è realmente possibile, ancorché non sia vero per noi. Che per noi non sia vero, gli altri se ne ridono. È vero per loro. Tanto vero, che può anche capitare che gli altri, se non vi tenete forte alla realtà che per vostro conto vi siete data, possono indurvi a riconoscere che più vera della vostra stessa realtà è quella che vi danno loro.”
In un paese lontano
“Viveva […] schiacciato dal sentimento della propria insignificanza, annientato dalla massiccia dominazione dei millenni addormentati. La grandiosità di tutte le cose lo atterriva. Tutto era solenne, tranne lui stesso: la perfetta cessazione del vento e del moto, l’immensità del wilderness coperto di neve, l’altezza sublime del cielo e le profondità sconfinate del silenzio.”
Tre gocce d'acqua ![]()
Tre “quasi fratelli”, un legame viscerale e complesso e l’amore in molte diverse declinazioni: con un ottimo lavoro sui personaggi (estremamente vividi), sui dialoghi e sulla struttura (i salti temporali sono gestiti benissimo), e dando voce a una prima persona piuttosto credibile, l’autrice racconta una storia in grado di coinvolgere fin da pagina uno, a prescindere da quanto possano piacerci i suoi protagonisti (per quanto mi riguarda, due sono tutt’altro che amabili).
È la prima volta che leggo Valentina D’Urbano, e Tre gocce d’acqua mi è piaciuto davvero tanto: la scrittura mi è arrivata, mi ha emozionata e mi ha commossa.
Città della pianura
Io non lo so come faccia McCarthy. Non so come riesca a fare questo effetto su di me. A colpirmi così, ogni volta. Forse è quel suo modo essenziale e poetico di incastonare nelle parole la meraviglia e la disperazione della vita.
[Di Città della pianura ho parlato qui]
Il dio dei boschi
Ambientato tra gli anni Cinquanta e Settanta in un campo estivo sui monti Adirondack (stato di New York), questo romanzo prende le mosse dalla scomparsa di una ragazzina e sceglie di raccontare in parallelo le vicende investigative e un dramma familiare che si dipana tra passato e presente, tra segreti e menzogne.
Tutto si gioca sulla costruzione dell’intreccio e su un abile utilizzo di diversi piani temporali e punti di vista, ma mi sono piaciute in modo particolare le riflessioni sulla disuguaglianza di classe e sul(i) (vari tipi di) pregiudizio che emergono tra le righe.
La donna che visse due volte
Un ex poliziotto con la paura delle altezze, un incarico da parte di un vecchio amico e una donna misteriosa e disturbata sono gli ingredienti del noto lavoro di Boileau e Narcejac, una perfetta sintesi tra noir e thriller psicologico che con toni di angoscia crescente indaga l’ossessione e la paranoia, l’illusione e l’idealizzazione attraverso una brillante scomposizione di piani, dove realtà e allucinazione si confondono tanto per il protagonista quanto per il lettore, mentre l’ambientazione e le atmosfere – Parigi e dintorni e poi Marsiglia, negli anni della Seconda Guerra Mondiale e in quelli immediatamente successivi – completano la trama, così vivide e al contempo oniriche, col loro carico di grigiore e inquietudine.
L’ottima gestione del lavoro e il colpo di genio di un finale assolutamente imprevedibile – dopo averti trascinato tutto il tempo da una parte, la storia cambia direzione nelle ultimissime pagine – quasi mi costringono a chiudere un occhio sull’improbabilità della trama e sulla sua incapacità di coinvolgermi fino in fondo.
Storia della bambina perduta ![]()
“Ma io […] sentivo che in me lo spavento non riusciva a mettere radici, e perfino la lava, tutta la materia in fusione che immaginavo nel suo ruscellare igneo dentro il globo terrestre, tutta la paura che mi metteva, si sistemavano nella mente in frasi ordinate, in immagini armoniche, diventava un lastricato di pietre nere come per le strade di Napoli, un lastricato di cui io ero sempre e comunque il centro. Mi davo peso, insomma, sapevo darmelo, qualsiasi cosa accadesse. Tutto ciò che mi investiva […] sarebbe passato e io – qualsiasi io tra quelli che ero andata sommando –, io sarei rimasta ferma, ero la punta del compasso che è sempre fissa mentre la mina corre intorno tracciando cerchi”.
“Lei possedeva intelligenza e non la metteva a frutto, ma anzi, la sperperava […] Questo era il dato di fatto che doveva aver ammaliato Nino: la gratuità dell’intelligenza di Lila. Essa si distingueva tra tante perché con naturalezza non si piegava a nessun addestramento, a nessun uso e a nessun fine. Tutti noi c’eravamo piegati, e quel piegarci ci aveva – attraverso prove, fallimenti, successi – ridimensionati. Solo Lila, niente e nessuno pareva ridimensionarla.”
Shakespeare and Company
Che emozione questo memoir!
Sylvia Beach rievoca il fermento culturale della Parigi degli anni Venti, fa rivivere personaggi e amicizie, racconta avventure e disavventure (letterarie e non) e soprattutto dipinge, anche attraverso buffi aneddoti e frequenti tocchi di ironia, figure straordinarie nella loro assoluta umanità, donandoci ritratti indimenticabili di scrittori e artisti celeberrimi (Joyce è il grande protagonista) quanto di personalità meno note (impossibile non voler bene a McAlmon): tutta questa vita, tutte queste vite, nella storia della Shakespeare and Company, la scommessa di una donna appassionata che diventa crocevia di libri e (aspiranti) scrittori, base per sognatori e menti ardite, punto di partenza di iniziative ed eventi fino a casa editrice temeraria, coi suoi pochi mezzi, del capolavoro joyciano che nessun altro ebbe il coraggio di pubblicare.
E c’è un pensiero che mi commuove moltissimo: la storia della libreria che per un ventennio ha inciso sulla vita culturale di Parigi (e del mondo intero) è soprattutto la storia di quella che per moltissimi fu, nel modo più semplice e prezioso possibile, una seconda casa.
Libro meraviglioso.
Mr Zuppa Campbell, il pettirosso e la bambina
Un paesello su un piccolo fiume nel sud dell’Alabama, personaggi singolari e un simpatico esemplare di cardinale sono gli ingredienti di una storia leggera, piacevole e divertente, che strappa mille sorrisi riuscendo a parlare, al contempo, di riscoperta di sé e del mondo attorno a sé, di contatto con feste e tradizioni, del valore di una comunità, di altruismo e di speranza.
L’arco temporale della storia, che si svolge più o meno da un Natale a quello successivo, e gli sviluppi della trama legati al Natale lo rendono perfetto per questo periodo dell’anno!