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E poi ci sono i luoghi di confine

Io, il mio romanzo Mari Ermi e la spiaggia di Mari Ermi dietro e tutt'attorno a me.

E poi ci sono i luoghi di confine. Quei luoghi in cui si intersecano terra e cielo, mare e campagna, e i colori più disparati si uniscono in miscele uniche e indimenticabili. 🌙🌿🌊
Sono preziosi, i luoghi così, perché sono quelli in cui la nostra anima si sente libera, maestosamente sospesa, incline a espandersi e a intridersi di natura, pronta a spiccare il volo. 🌾
La spiaggia bianca di Mari Ermi è un luogo così. Specialmente se ci vai al tramonto, se la scopri in silenzio o se, come nel caso dei miei personaggi, ci arrivi in una giornata in cui è deserta, in cui le nuvole hanno una preziosa capacità di farla risplendere. 🌅

Mari Ermi non è il luogo più frequente nel mio romanzo, ma è il luogo che con la sua magia determina il passo in avanti per le anime dei miei protagonisti.
È il luogo che ci ricorda, ancora una volta e con una forza mozzafiato, che il contatto con la natura ci rende davvero noi stessi. 🌸
Mari Ermi è un luogo reale, come tutta la natura sarda nel mio romanzo, ma è anche un luogo simbolico: è simbolo della ricerca e della riscoperta di sé, dell’importanza della natura per l’identità umana, del valore imprescindibile della libertà interiore. 🌱

È il simbolo, insomma, dell’essenza e del messaggio profondo di questo romanzo. ✨

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Il mio primo firmacopie

Quasi quattro ore di sorrisi, racconti, battute, abbracci e strette di mano.
Quasi quattro ore ho trascorso ieri mattina alla Libreria Chiara e Stefy di Bachisio Medde, a Ghilarza, a chiacchierare con persone che non conoscevo e che sono venute lì per me, e con altre che sono entrate per caso e si sono incuriosite, decidendo di fermarsi ad ascoltarmi.

Entusiasmo e felicità mentre scrivo la dedica a una mia lettrice.
Entusiasmo e felicità mentre scrivo la dedica a una mia lettrice.

Chiacchierare. Perché per me il firmacopie è soprattutto questo. Di dediche ne ho scritte tante, ma quello che ho fatto la maggior parte del tempo è stato chiacchierare, sorridere, stringere mani. Ho parlato, parlato e parlato per tutta la mattina, ed è questo che ho amato del mio primo firmacopie: poter raccontare in modo diretto, a ogni persona, il mio Mari Ermi, trasmetterne le atmosfere, comunicarne il respiro che anima i personaggi; poter raccontare, soprattutto, la mia passione per la scrittura. E io ce l’ho messa tutta, con tutto il mio entusiasmo e la mia gioia di essere lì, senza allontanarmi nemmeno un attimo dalla scrivania, sedendomi solo per scrivere le dediche, sorseggiando dell’acqua in pochi momenti rubati, perché adoro il tempo che posso dedicare di persona a tutti coloro che hanno voglia di scambiare quattro chiacchiere con me.
Ho trovato nei miei conterranei del posto persone affabili, calorose, curiose. Sono davvero grata a chi è venuto in libreria per me e a chi, entrato per caso, ha deciso di dare fiducia a Mari Ermi.
E sono profondamente grata al Signor Bachisio Medde, nel quale, tra l’altro, vivono un entusiasmo e una generosità più uniche che rare. La piantina che vedete in foto nella galleria è un suo regalo, come è stata un suo regalo l’opportunità di realizzare questo firmacopie che ha offerto a Mari Ermi nuove possibilità di comunicare con i suoi lettori e di farsi strada in un mondo tanto complicato quando straordinario.

Ieri sono tornata a casa con tre scatoloni vuoti, esausta, sì, ma soprattutto felice.

Se hai piacere di vedere altri scatti di questa mattinata, visita la galleria fotografica dedicata a Mari Ermi cliccando qui. 😉

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Questo libro è per chi ha un sogno

Il mio romanzo Mari Ermi immerso tra le spighe.

Questo libro è per chi ha un sogno. Per chi combatte ogni giorno per realizzarlo e per chi ha perso la fiducia e ha bisogno di ritrovarla. 🌱

Questo libro è per chi cerca una storia che sfiori e, al tempo stesso, scavi. Per chi cerca la profondità del mare e la leggerezza di un ruscello, la delicatezza di una pianta che cresce e la forza di un tramonto impetuoso. 🌅

Questo libro è per chi ama le storie di confine.
Il confine tra un desiderio e una scelta, tra una passione e il senso del dovere. Tra un sentimento e un progetto di vita.
Il confine tra animi che hanno sofferto e animi alla ricerca di sé. Tra la gioia e il tormento che l’Arte può dare.
E poi il confine tra il mare e il cielo, tra il cielo e la campagna, tra il verde e l’azzurro.🌿 🌊

Sì, perché questo libro è per chi nella natura trova una parte imprescindibile di sé. Per chi abbraccia lo spirito inesauribile del vento, per chi ama perdersi davanti a una notte stellata, o di fronte a un cielo aperto aprire la braccia, respirare, ascoltare, correre tra i campi urlando libertà. 💫💙

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Nel grande regno di Thulas di Paola Maria Liotta

Immergersi tra le pagine di Paola Maria Liotta significa riscoprire una purezza che solo una storia fatta di animali e di natura incontaminata può dare.

La copertina del romanzo "Nel grande regno di Thulas" di Paola Maria Liotta.
Nel grande regno di Thulas di Paola Maria Liotta.

Nell’antico regno di Thulas, tra fronde e acque, rocce e cascate, mangrovie e ninfee, entriamo a far parte di una simpatica famigliola di macachi in libertà, una specie tra le più vivaci che popolano questi luoghi. Nonna Hera, mamma Emma e le sue figlie – tra le quali la neonata Elsa, protagonista assoluta della storia – sono una combinazione di forza, orgoglio e senso pratico, e portano con sé bontà e tenerezza. Ce ne rendiamo conto fin dai primi capitoli, nei quali, con una formula dolce e potente, le scene di maternità che coinvolgono Emma ed Elsa sembrano completare la descrizione del territorio, quelle immagini limpide del Grande Fiume e della foresta tracciate con sapienza e cura.

Attraverso lo sguardo ingenuo e intelligente della piccola Elsa, piena di curiosità e di voglia di vivere, la Liotta ci conduce nella trama come dentro a una foresta, e intricandoci e districandoci con il suo stile sempre chiaro, equilibrato e preciso, ci fa scoprire che quello della macachina è un mondo in pericolo, e che purtroppo il rapporto di simbiosi tra queste specie e il loro ambiente naturale, di cui partecipano anche le popolazioni locali che con gli animali dividono i frutti della terra, è sul filo del rasoio.
Attraverso marce ed esplorazioni, infatti, i nostri macachi scoprono che luoghi rigogliosi di acque e di fronde hanno lasciato il posto a una natura desolata, e sempre più spesso si trovano a fare i conti con gli incendi, l’odore della combustione, la caligine, il fumo, il grigiore, l’aria irrespirabile.
Ed è qui che noi lettori capiamo quali sono i problemi, purtroppo comunissimi, che stanno affrontando questi territori: il taglio indiscriminato delle foreste, con tutti i pericoli annessi, e il traffico illecito di cuccioli di specie protette. Tutto questo all’inizio non è chiaro ai nostri macachi, che di fronte al triste spettacolo del torrente inaridito, degli incendi periodici e degli esodi sempre più frequenti di animali si trovano inquieti e privi di risposte. A prendere in mano la situazione sono i più giovani, guidati proprio da Elsa, che per prima decide di abbandonare le cacce agli smeraldi e tutti gli altri giochi di fronte a quello che percepisce come il vero mistero su cui darsi da fare.

Ma tutti gli abitanti di Thulas fanno squadra per abbattere le minacce che mettono a rischio il loro territorio, e il romanzo si popola così di tanti animali, tutti con un’identità ben definita: l’ibis Arabella, il lombrico Pahem, il gamberetto Alpheus, la farfalla Eulalia, la tigre Kaya. E poi pesci, rinoceronti, elefanti. E non ci stupiamo di sapere che tra queste specie vige un’amicizia pura e disinteressata, fondata sulla solidarietà.
Anche alcuni umani sono così. È il caso del pescatore Bagus, che offre aiuto ai nostri protagonisti, o di Isabel e Mino, impegnati a diffondere, con parole e immagini, l’importanza della difesa dell’ambiente. Sono quegli umani, insomma, che rendono il bene la loro missione, perché hanno fatto tesoro di un insegnamento essenziale.
È quell’insegnamento che ascoltiamo soprattutto da nonna Hera, più volte e in modi diversi – fuggire chiunque offenda la nostra Madre Terra; non infrangere le leggi del cosmo; essere in sintonia con la Grande Madre Natura, assecondarne il ritmo, il respiro: e questa non è solo la legge di quei luoghi, ma anche un principio al quale occorre adeguarsi se ci si vuole sentire in pace con sé stessi e con gli altri.
È uno degli insegnamenti più importanti che la Liotta ci chiede di ricordare, mettendolo con semplicità nella bocca di giovani macachi che parlano per tutte le specie di piante e animali che popolano la nostra Terra e che ne costituiscono la più grande ricchezza. La nostra ricchezza. Non dimentichiamolo mai.

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Seratona online con Edizioni Convalle

Ieri davvero una seratona sulla pagina Facebook di Edizioni Convalle! 😃

Durante una diretta spumeggiante la mia editrice, accompagnata dall’autore Stefano Buzzi, ha presentato anche Mari Ermi, leggendo peraltro uno dei passi a cui tengo di più. 💙

Volevo ringraziare Stefania Convalle e Stefano Buzzi per le splendide parole che hanno speso nei miei confronti. Sentire un passo del mio libro letto da Stefania è stata davvero una grande emozione. 📖❤️

Se vi va, io vengo introdotta al minuto 30.00, con alcuni accenni al Salone di Torino, mentre si parla più diffusamente del mio romanzo a partire dal minuto 1.07.00. 🔖😃

Vi consiglio comunque di ascoltare tutta la diretta, che non solo è molto divertente e ricca di spunti di riflessione, ma offre anche uno spaccato di quanto sia bella questa realtà di Edizioni Convalle! 😉

https://fb.watch/dy7Vl6NhaJ/

Stefania Convalle e Stefano Buzzi durante la diretta del 9 giugno 2022 sulla pagina Facebook di Edizioni Convalle.
Stefania Convalle e Stefano Buzzi durante la diretta del 9 giugno 2022 sulla pagina Facebook di Edizioni Convalle.

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Pagine ingiallite dal tempo e odore che sa di storia e di emozione

The Grapes of Wrath, John Steinbeck. Prima edizione, prima stampa.
Che gioia averla!
The Grapes of Wrath, John Steinbeck. Prima edizione, prima stampa.
Che gioia averla!

Nell’aprile 1939 il libro che vedete nelle foto usciva dalla Viking Press di New York e consegnava al mondo per la prima volta una delle storie più universali che siano mai state scritte.

Le vicende dei Joad, famiglia di migranti; il ritratto vivissimo e terribile dell’America degli anni Trenta (e, purtroppo, di dinamiche umano-sociali costanti in ogni epoca e luogo); la natura onnipresente, incessante, implacabile raccontata con accostamenti di parole dal potere immaginifico mozzafiato: The grapes of wrathFurore in Italia – conquista, impressiona, emoziona, commuove, fa riflettere. È un romanzo di una potenza incredibile, uno di quei capolavori che non fai fatica a definire “il libro della vita”. Mentre lo leggevo, nel giugno dell’anno scorso, ero senza fiato a ogni pagina.

Potete dunque immaginare la mia emozione quando, al Salone del Libro, ho visto questa edizione nelle teche di Libraccio. Una prima edizione, prima stampa: quella che Steinbeck aveva tra le mani quando uscì il suo capolavoro.
Ottantatré anni sono passati, e da allora questa copia si è mossa nel tempo e nello spazio; nel raccontare una storia si è rivestita di una storia, e io mi chiedo dove, come, quanto, attraverso chi ha viaggiato prima di approdare tra le mie mani. Sono domande che mi affascinano e alle quali non avrò mai risposta, ma non importa, perché mi bastano due certezze: questa copia è uscita dalla Viking Press nell’aprile del 1939; questa copia è arrivata al Salone Internazionale del Libro 2022 a Torino. E a quel punto ha incontrato me.

È difficile descrivere a parole l’emozione che provo nel tenere tra le mani una prima edizione di The Grapes of Wrath. Le pagine sono ingiallite ma ancora ben salde, e l’odore è quello che solo i libri antichi possono portare con sé: un odore che sa di storia, di cose magiche e perenni, di sentimento. Un odore che ricorda quanto i mondi di parole riescano a creare e quanto riescano a durare nel tempo, più di qualunque altra cosa.

E allora cerco di condividere queste emozioni mostrandovi l’edizione con qualche scatto: il libro nella sua sovraccoperta con il notissimo disegno; le diciture “First Edition” nell’aletta interna della sovraccoperta e “First published in april 1939” alla pagina del copyright; la dedica; la prima pagina; un passo descrittivo del capitolo 6 che mi aveva coinvolto tanto; le celeberrime parole pronunciate da Tom nel capitolo 28; la pagina conclusiva; il libro senza sovraccoperta.

Non trovate anche voi che questa prima edizione sia bellissima?

La prima edizione di The Grapes of Wrath - Il libro nella sua sovraccoperta (fronte).
La prima edizione di The Grapes of Wrath - Il libro nella sua sovraccoperta e le pagine ingiallite dal tempo.
La prima edizione di The Grapes of Wrath - La dicitura “First Edition” nell’aletta interna della sovraccoperta.
La prima edizione di The Grapes of Wrath - A sinistra la dicitura “First published in april 1939” alla pagina del copyright; a destra la dedica.
La prima edizione di The Grapes of Wrath - L'incipit.
La prima edizione di The Grapes of Wrath - Un passo descrittivo del capitolo 6 che mi ha coinvolto tanto.
La prima edizione di The Grapes of Wrath - Le celeberrime parole pronunciate da Tom nel capitolo 28.
La prima edizione di The Grapes of Wrath - La pagina conclusiva.
La prima edizione di The Grapes of Wrath - Il libro nella sua sovraccoperta (retro).
La prima edizione di The Grapes of Wrath - Il libro senza sovraccoperta.
La prima edizione di The Grapes of Wrath insieme al certificato della libreria "Strand" di New York.

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Alla storia intramontabile raccontata in Furore e allo splendore della scrittura di John Steinbeck ho dedicato un articolo qui. 😉

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Il mio primo Salone del Libro

Con la testa che gira e con il cuore pieno di gioia.

La mia prima dedica al Salone del Libro 2022. Che emozione!
La mia prima dedica al Salone del Libro 2022. Che emozione!
😍
✨
📚

Non è facile riordinare le idee dopo un fine settimana così intenso.

Quella al Salone Internazionale del Libro è stata un’esperienza indimenticabile, specialmente nell’emozione di poterla vivere al quadrato, come lettrice e come autrice. Come autrice soprattutto, in realtà, dato che ho trascorso felicemente gran parte del tempo allo stand Edizioni Convalle.

E che tempo, che ore stupende! Ore intense, fatte di un lavoro che ho vissuto come un gioco, mentre entusiasmo e fatica si mescolavano in un vortice irrefrenabile nel quale mi sono tuffata per tutto il weekend.

Ho parlato di Mari Ermi con tante persone, realizzando quanto fosse bello raccontare del romanzo a chi si mostrava di volta in volta incuriosito, interessato, anche intrigato. Ho firmato diverse dediche. Le prime con la mano tremante, con le labbra sempre pronte a soffiare per paura che l’inchiostro sbavasse. Ho scattato foto piene di gioia con perfetti sconosciuti. Ho incontrato e abbracciato dal vivo persone che avevo conosciuto attraverso uno schermo. E un pochino mi ha stupito, la spontaneità e il calore reciproco di tutti questi abbracci. Ho provato di nuovo la felicità di abbracciare le persone con spensieratezza, e già solo per questo il Salone è valso tutto. ❤️

Ho conosciuto altri autori della mia casa editrice: tutte persone simpatiche e alla mano, con cui è stato bello chiacchierare e scherzare. Ho conosciuto, soprattutto, la mia fantastica editrice, Stefania Convalle, che è proprio come la immaginavo, tosta e generosa, e ho conosciuto Giuseppe Murru, persona di rara gentilezza e simpatia.

📚

E poi ho vagabondato tra gli stand; ho visto libri, colori e tante cose meravigliose. Il Salone è un posto immenso e non sai davvero dove girarti. Vorresti guardare e toccare tutto. Ho trascorso momenti memorabili dalle parti di Libraccio, nella sezione dei libri rari e introvabili, davanti ad alcune teche dalle quali ho portato via un ricordino niente male, un cimelio, uno Steinbeck che fa venire i brividi a guardarlo e a toccarlo.

😃

Sto ancora cercando di riordinare le foto e le idee. Perché il Salone del Libro è un delirio: ti ci perdi e ti senti felice, e quando poi ne esci, confuso per la gioia e la stanchezza, colmo di sollievo e nostalgia insieme, hai testa e cuore increduli e grati che tanta bellezza possa esistere. ✨📚

E allora grazie infinite alla mia casa editrice, che mi ha dato la possibilità di vivere questa esperienza, e come sempre grazie a Matteo, che mi ha accompagnato e ha vissuto con me queste emozioni indimenticabili. ✨

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Tra il verde, l’azzurro e l’arancio

Io, il mio romanzo Mari Ermi e i colori della campagna.

🌱💙 Tra il verde e l’azzurro io non ho mai saputo scegliere.
In Sardegna ci sono cresciuta, con questi colori: abituata a correre in mezzo all’erba, a sedermi per terra in campagna, a perdermi davanti a cieli sconfinati, a esplorare fondali di acque cristalline. 🌊
Amo il verde e l’azzurro perché richiamano in me un senso di libertà, di quella libertà che solo una natura selvaggia e incontaminata può dare. Hanno fatto parte della mia vita fin da quando ero bambina insieme all’arancione, il colore del tramonto e il colore delle arance, un frutto che amo, dolce anche quando è aspro, profumato come nessun altro al mondo. 🧡
🍀
Nella foto qui sopra, scattata nella campagna romana, questi colori mi circondano, e proprio questi colori tengo in mano nella copertina di un libro, un libro che ho scritto io – proprio io! – e che circa dieci giorni fa, dopo un percorso ricco di entusiasmo, fatica e mille altre sfumature, ha visto la luce. ✍️📘
E allora oggi, circondata da questi colori, voglio dire chiaramente qual è la cosa più importante che ho imparato dalle mie esperienze in questi anni: credere sempre in sé stessi e non smettere mai, nemmeno per un secondo, di inseguire i sogni. 💫🌿

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Mandorla amara di Maria Rita Sanna

Una foto del romanzo "Mandorla amara" di Maria Rita Sanna.
Mandorla amara di Maria Rita Sanna.

Sono sufficienti poche pagine per capire perché Mandorla amara di Maria Rita Sanna, edito Edizioni Convalle, si sia aggiudicato il marchio Microeditoria di Qualità.
Nel suo romanzo d’esordio, infatti, l’autrice di Quartu Sant’Elena tratteggia due figure femminili e con esse due storie e due vite diverse che intreccia con grande abilità.

La pregevole caratterizzazione dei personaggi, unita al racconto in prima persona, ci fa incontrare subito l’animo delicato ma forte di Lucia e quello burbero e tenero di Marisa, permettendoci di immedesimarci in breve tempo in una delle due (o, perché no, in entrambe); a questo, d’altronde, si affianca l’ottima scelta dell’autrice di introdurci ai loro conflitti interiori a velocità diverse: cogliamo dalle prime pagine la dolorosa situazione che Lucia sta vivendo, ma ci occorre leggere di più per capire fino in fondo Marisa e le sue sofferenze, anche se ci affezioniamo da subito a questo personaggio così scorbutico e così buono. 
La storia personale e interiore delle due donne procede in parallelo alla storia della loro amicizia: dall’approccio di cauta curiosità a quel reciproco interesse inesplicabile – frutto di un sesto senso che le attrae una verso l’altra – fino all’apertura a conversazioni, spesso brevi e pregnanti, e a confidenze che vengono fuori spontanee; si sviluppa così un rapporto di comprensione e solidarietà che sarà una vera e propria molla, perché spingerà le due ad affrontare sé stesse e il proprio conflitto interiore.
La città di Cagliari, teatro della storia, è dipinta in queste pagine con pennellate brevi ma accurate; spesso è descritta nei suoi spazi ampi, sa di azzurro e di giallo e sembra comunicare la positività e la libertà che le due protagoniste vanno cercando. Il bello, poi, è che in Mandorla amara il lettore davvero li vive, i luoghi rappresentati, e non solo quando si tratta del lungomare o dei noti portici, ma anche quando abbiamo davanti una semplice panetteria.

Per questo e per tanto altro è fluida e sapiente, la scrittura di Maria Rita Sanna, che già nel suo primo romanzo mostra di conoscere e di saper gestire alcuni imprescindibili punti fermi della buona narrativa: mi riferisco, ad esempio, ai due conflitti interiori corrispondenti alle due co-protagoniste, come anche alla funzione precisa attribuita a ogni personaggio e a ogni elemento presente nella storia, il che fa sì che alla fine ogni cosa torni al suo posto, lasciando al lettore un senso di soddisfazione.

Ma, soprattutto, non può mancare in questa recensione uno degli aspetti più interessanti del lavoro (e uno di quelli che personalmente ho apprezzato di più), vale a dire le magnifiche similitudini che coinvolgono elementi o fenomeni naturali, come quando Lucia paragona sé stessa a un albero potato, con un unico tronco spoglio di fronde e sterile, o come quando la stessa Lucia, per continuare con l’immagine in questione, sente crescere il germoglio nell’unico tronco spoglio, il fiore del mandorlo che sopravviveva alla tempesta invernale.
Concludo a questo punto con la splendida metafora della mandorla, da cui anche il titolo dell’opera, e a proposito della quale mi piace citare queste righe:
Vedi, Lucia, la mandorla diversa, amara, è necessaria per farci apprezzare meglio la dolcezza di quelle buone; il gusto dell’amaretto è particolare e la sua crosticina croccante, che racchiude la pasta morbida, ci ricorda la vita con le sue difficoltà che nascondono le gioie. Il fiore stesso di questo frutto nasce e sboccia durante l’inverno; nonostante il freddo, lui si mostra in tutto il suo splendore.”

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Un esperimento di scrittura in diretta

Durante la diretta di ieri sulla pagina Facebook di Edizioni Convalle, la scrittrice ed editrice Stefania Convalle ha proposto a noi presenti un esperimento di scrittura decisamente insolito.

Quaderno, matita e dizionario dei sinonimi e contrari: gli strumenti di scrittura che amo.
Strumenti di scrittura che amo.

All’inizio della diretta ci ha mostrato alcuni oggetti che avevano lo scopo di stuzzicare la nostra fantasia, far scattare qualcosa in noi: un lavavetri, una campana tibetana, una matrioska, una rosa essiccata, una vecchia tessera del tram, un libro di poesie dalle pagine ingiallite, una penna d’oca, un pendolino. Dopo averceli mostrati, Stefania ci ha invitato a scrivere un racconto che ruotasse attorno a uno o a più di uno di questi oggetti. Attenzione però, perché qui entra in gioco la parte interessante: il tempo per produrre questo scritto era di soli quindici minuti.

Quindici minuti sono davvero pochi, lo sanno tutti. Come si fa a mettere su qualcosa di concreto in così poco tempo? Me lo sono chiesta diverse volte – sì, l’idea decisamente solleticava la mia curiosità – prima che la diretta iniziasse e anche dopo, quando mi sono collegata con una forte intenzione di partecipare ma con molti dubbi sulle mie possibilità di produrre qualcosa di anche lontanamente decente. Io comunque ci provo, mi sono detta. Al massimo poi lascio perdere e non invio nulla.
Ma non avevo idea di cosa sarebbe successo non appena è partito il tempo.

L’esperimento si è mostrato subito una vera e propria sfida, una leva che spinge lo scrittore a un’esaltante gara con se stesso. In quel momento, con addosso la pressione del tempo che scorreva, ho sentito che potevo e che dovevo farcela, e mentre il cuore buttava fuori la prima cosa che gli veniva spontanea scegliendo per me la penna d’oca, le dita correvano sulla tastiera e la mente lavorava e fremeva in cerca delle parole migliori per completare le frasi.
Con mia grande sorpresa, al tredicesimo minuto mi sembrava di aver concluso. Non ho avuto il tempo di rileggere e forse è stato meglio così, perché tutto quello che ho scritto è venuto da dentro. Alcuni minuti dopo, quando ho ascoltato il mio racconto letto da Stefania Convalle, ho provato uno strano senso di soddisfazione: ce l’avevo fatta per davvero!
E quel breve testo buttato giù in quindici minuti adesso è lì, in un nuovo file word che si è aggiunto con orgoglio ai file nella cartella dei miei scritti. Non lo modificherò, non lo ritoccherò. Lo lascerò lì e ogni tanto lo leggerò di nuovo, per non dimenticare quanto sia importante partecipare a queste iniziative che, pur nella loro semplicità, danno tantissimo, e per ricordare ciò che siamo in grado di fare quando vogliamo – se vogliamo.
Ho riflettuto molto, dopo la diretta di ieri: ho riflettuto sul valore del tempo e ho riflettuto sulla bellezza della scrittura creativa unita alla spontaneità.

Grazie infinite, dunque, a Stefania Convalle, che è davvero un vulcano di idee e che ci ha proposto un esperimento così intelligente e stimolante – esperimento decisamente riuscito, peraltro, dato che ben venticinque partecipanti hanno inviato un loro testo, e che tante idee e tante storie interessanti hanno preso vita durante questa serata.

Lascio qui il link della diretta: recuperatela, vale davvero la pena!
https://fb.watch/aQ8OYmXEge/
Il mio racconto, se vi va, comincia al minuto 34.30.

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