L'isola degli alberi scomparsi Elif Shafak

Recensire il lavoro di Elif Shafak mi mette un po’ in difficoltà.
Da una parte ho apprezzato l’idea di fondo, il procedere in parallelo di due trame su due piani temporali e in due luoghi diversi, la consapevolezza che il testo mi ha dato rispetto alla storia di Cipro e, soprattutto, l’intuizione di usare in alcuni capitoli una pianta come voce narrante (le riflessioni sul mondo vegetale che quest’ultima porta con sé mi hanno coinvolto più di ogni altra cosa).
Il grosso problema, però, è che i personaggi purtroppo mancano di spessore – mi sono chiesta più volte cosa li muovesse davvero – e finiscono per risultare impersonali: nessuno di loro è riuscito a parlarmi, né la storia è stata capace di emozionarmi.
Inoltre, ho trovato irritante la presenza di diverse sottotrame buttate lì e poi lasciate in sospeso o comunque non approfondite: sono utili all’autrice, che avrà ritenuto importante mostrare la sua (onorevole) sensibilità rispetto a certe problematiche umano-sociali (cyberbullismo, alcolismo e omofobia, per esempio), ma non alla storia, il cui impianto, anche per questo motivo, finisce per risultare poco organico.