Il giovane Holden J. D. Salinger

New York, inverno del 1949. La fuga da scuola del sedicenne Holden Caulfield e il breve vagabondaggio per Manhattan come tentativo di ribellione alle convenzioni e contraddizioni di una società nella quale il protagonista, personaggio bellissimo, incapace di accettare l’ipocrisia che percepisce attorno a sé e di scendere a compromessi, buono, generoso ed estremamente sensibile, fatica a riconoscersi e quindi a inserirsi.
La forza e l’unicità del libro stanno nella capacità di celare un profondo disagio esistenziale in una voce narrante vivace, brillante, divertente, (auto)ironica, a tratti provocatoria, che si serve di un linguaggio fortemente caratterizzato e, più in generale, nel modo in cui quest’uso sapiente della prima persona riesce a mostrare, insieme alla genuinità, all’insofferenza e alla solitudine di Holden, le distanze che si creano tra il pensiero e la parola.

La scrittura vivida di Salinger mi ha colpita quanto i sentimenti intensi che mi ha suscitato il protagonista.
Sono contenta di non averlo mai letto prima: non l’avrei capito come l’ho capito adesso.

“Ma i pesci… è diverso. I pesci sono un’altra cosa. Io dicevo le anatre” […]