Cavalli selvaggi e L’isola di Arturo: (più di) qualcosa in comune

Cavalli selvaggi di Cormac McCarthy e L’isola di Arturo di Elsa Morante: due delle storie più intense, evocative e travolgenti che abbia letto quest’anno. Gli stati d’animo di John Grady e di Arturo – e gli scenari in cui i due si muovono – mi hanno emozionato e scavato dentro, accompagnandomi ben oltre l’ultima pagina: su queste due storie sono tornata – torno – di continuo col pensiero, e più ci ragiono, più mi sembra di cogliere, con sempre maggior stupore, aspetti che i due romanzi, pur così diversi l’uno dall’altro, si trovano a condividere. Provo a elencarli qui sotto.

Le mie edizioni de L'isola di Arturo e Cavalli selvaggi. 
Foto scattata nell'autunno 2023.
Le mie edizioni de L’isola di Arturo e Cavalli selvaggi.
Foto scattata nell’autunno 2023.
  • La tensione al viaggio, all’avventura, alla scoperta del mondo come presupposto per indagare e scoprire se stessi. Che poi queste avventure siano concretamente vissute o soltanto immaginate e bramate, poco importa.
  • Il carattere di romanzo di formazione. Il percorso di crescita interiore fa da filo conduttore in entrambe le storie, innestato nell’una su un impianto western, nell’altra sul quadro agreste e marinaro di un’isola italiana.
  • L’indagine sulla solitudine, come condizione e come sentimento, in ogni sua declinazione. Ricercata e paventata, bramata e detestata, goduta e sofferta, magnifica e terribile.
  • Il richiamo del passato. È incredibile quanto gli “antichi condottieri” dei libri che ispirano Arturo abbiano in comune con lo spirito dei nativi americani che nell’ora “delle ombre lunghe” suggestiona John Grady.
  • L’innamoramento e il passaggio attraverso una storia d’amore come parte dell’esperienza formativa.
  • Il finale. Le “chiuse” che McCarthy e Morante hanno voluto dare alle loro storie sono tra loro così simili che pensarci risulta addirittura spiazzante.
  • La forza delle atmosfere. Due ambientazioni completamente diverse, certo, ma che siano i cieli e le praterie americane o le stelle e il mare di Procida, e che vengano vissute con un cavallo o con una barca, le atmosfere raccontate nei due romanzi hanno lo stesso immenso potere di restare nella mente e nel cuore di chi ci si immerge.

Se questo articolo ti è piaciuto e se ti interessano i classici della letteratura, puoi visitare la sezione del blog dedicata cliccando qui🙂

A Cavalli selvaggi ho dedicato un articolo qui, mentre riguardo a L’isola di Arturo puoi leggere qualcosa anche qui. 😉

Condividi:

Che libro immenso L’isola di Arturo

La mia edizione de L'isola di Arturo. 
Foto scattata nella primavera 2023.
La mia edizione de L’isola di Arturo.
Foto scattata nella primavera 2023.

L’infanzia e l’adolescenza di un ragazzo nato e cresciuto a Procida: i sogni, la solitudine, la scoperta dei sentimenti, le illusioni e le disillusioni.
E poi la forza e la magia del linguaggio che racconta tutto questo.
E poi l’immaginazione, perché per me L’isola di Arturo è stato prima di tutto e soprattutto un romanzo sul potere immenso dell’immaginazione umana.

Potere immenso. Romanzo immenso. Lettura immensa.


“Certe sere, dopo cena, attirato dalla frescura di fuori, mi stendevo sullo scalino della soglia, o sul terreno dello spiazzo. La notte, che un’ora prima, giù in piano, m’era apparsa così proterva, qua, a un passo dalla porta-finestra illuminata, mi ridiventava familiare. Adesso il firmamento, a guardarlo, mi diventava un grande oceano, sparso d’innumerevoli isole, e, fra le stelle, ricercavo aguzzando lo sguardo quelle di cui conoscevo i nomi: Arturo, prima di tutte le altre, e poi le Orse, Marte, le Pleiadi, Castore e Polluce, Cassiopea… Avevo sempre rimpianto che, ai tempi moderni, non ci fosse più sulla terra qualche limite vietato, come per gli antichi le Colonne d’Ercole, perché mi sarebbe piaciuto di oltrepassarlo io per primo, sfidando il divieto con la mia audacia; e allo stesso modo, adesso, guardando lo stellato, invidiavo i futuri pionieri che potranno arrivare fino agli astri. Era umiliante vedere il cielo e pensare: là ci sono tanti altri paesaggi, altre iridi di colori, forse tanti altri mari di chi sa quali colori, altre foreste più grandi che ai Tropici, altre forme di animali ferocissime e allegre, più amorose ancora di queste che vediamo… altri esseri femminili stupendi che dormono… altri eroi bellissimi… altri fedeli… e io non posso arrivare là! Allora, i miei occhi e i miei pensieri lasciavano il cielo con dispetto, riandando a posarsi sul mare, il quale, appena io lo riguardavo, palpitava verso di me, come un innamorato. Là disteso, nero e pieno di lusinghe, esso mi ripeteva che anche lui, non meno dello stellato, era grande e fantastico, e possedeva territori che non si potevano contare, diversi uno dall’altro, come centomila pianeti! Presto, ormai, per me, incomincerebbe finalmente l’età desiderata in cui non sarei più un ragazzino, ma un uomo; e lui, il mare, simile a un compagno che finora aveva sempre giocato assieme a me e s’era fatto grande assieme a me, mi porterebbe via con lui a conoscere gli oceani, e tutte le altre terre, e tutta la vita!”  (p. 180 Ed. Einaudi)

Se questo articolo ti è piaciuto e se ti interessano i classici della letteratura, puoi visitare la sezione del blog dedicata cliccando qui. 🙂

De L’isola di Arturo ho parlato anche qui. 😉

Condividi: